Mons. Giovanni Battista Defilippi
magister iuris ac humanitatis
Ben volentieri ho accolto l’invito a me rivolto dal Consiglio di Direzione dell’Arcisodalizio della Curia Romana per redigere una nota di presentazione a questo volume, dedicato a Mons. Giovanni Battista Defilippi; l’occasione è propizia non soltanto per render omaggio ad un Prelato Uditore rotale, da poco emerito, ma anche per sottolinearne il notevole contributo allo studio del bonum coniugum. Ad un anno dalla mia nomina a Giudice rotale, il Decano mi preannunziò l’arrivo, di lì a breve, di due nuovi colleghi: un italiano ed uno spagnolo. Nel vederli, il giorno del giuramento, rammentai di aver incontrato Mons. Defilippi ben cinque lustri addietro, frequentando l’Università Gregoriana e lo Studio Rotale: almeno uno dei due nuovi Uditori, quindi, aveva avuto i miei stessi professori e conosciuto le stesse aule. Padre Navarrete mi confidò: «Il nuovo Giudice è un grande lavoratore». Lo stesso Professore, già moderatore della sua tesi dottorale, ricordava poi in occasione di una riunione culturale dell’Arcisodalizio: «Mons. Defilippi ha scritto la sua brillante tesi in un latino perfetto». Pochi giorni dopo il giuramento, Mons. Defilippi iniziò ad abitare, come me e per diverso tempo, presso la fondazione Giovanni XXIII. Da allora e negli anni a seguire, egli è stato per tutti un esempio di puntualità, di pazienza e di modestia. Eravamo tutti al corrente delle sue grandi passioni: il calcio e la montagna. A tal ultimo riguardo Mons. Defilippi non di rado compiva escursioni montane con un confratello portoghese: al ritorno riferiva dell’incontro con il miracolo della natura, con gli animali e con la gente. Dal suo racconto traspariva il grande amore per la Creazione. Con i due nuovi Giudici per molti anni formai il Turno ordinario. Quest’ultimo ha sempre operato in serenità, ma anche con ferma determinazione nella ricerca della verità. In privato, nonostante la vicinanza abitativa presso la predetta dimora, con Mons. Defilippi ci astenevamo dal discorrere delle cause, attenendoci a quella discrezione ed a quel riserbo che dovrebbero confarsi ad ogni Giudice. Il luogo ove si discutevano le cause era quindi il Turno. Mons. Defilippi vi giungeva sempre puntualissimo, con il suo voto accuratamente dettagliato. Convinto del dover percorrere la via s.d. inductiva per giungere alla verità, egli prestava grande attenzione alla peculiaritas familiae et existentiales eventus quos (pars) infeliciter experta est inde a prima aetate. La valutazione di tali dati biografici era spesso oggetto di riflessioni e discussioni nel Turno. In una causa ob incapacitatem assumendi, ad esempio, gli atti riportavano una relazione stragiudiziale del medico a curatione, una perizia privata ed una negativa consulenza d’ufficio. Mons. Defilippi fu dell’opinione che, nella fattispecie, il medico curante avesse meglio saputo valutare le circostanze prematrimoniali e soprattutto le postnuziali. A fronte delle perplessità esternate dai Colleghi, i quali si riportavano al prevalente orientamento giurisprudenziale per cui, a fronte delle conclusioni negative del Perito ex officio, ben difficilmente si sarebbe potuti addivenire ad una pronuncia affermativa, Mons. Defilippi coerentemente ribadiva il proprio convincimento: il voto del medico curante e la perizia privata dovevano qualificarsi come causae adiuncta attente perpendenda. Veniva quindi deliberato di differire la decisione, nel contempo procedendo alla nomina del peritior, il quale avrebbe vagliato i predetti elaborati sub aspectu professionali. L’accurata relazione dello psichiatra indicò infine la soluzione maggiormente provata in actis. Dopo questo sintetico ricordo, vorrei passare a considerare il contributo offerto da Mons. Defilippi allo studio del bonum coniugum. La prima annotazione ha un immediato, oggettivo riscontro nell’Index analyticus, da cui agevolmente si evince come Mons. Defilippi mai abbia trattato il bonum coniugum sotto il profilo della exclusio; d’altronde, nell’arco temporale dal 1983 al 2000, sono ben poche le pronunce rotali che abbiano preso in considerazione il tema nell’ambito della simulazione del consenso. Come vari altri Colleghi, quindi, Mons. Defilippi ha relazionato il capo esclusivamente alla incapacitas assumendi onera coniugalia, pur dopo le prime pronunce rotali che, nel frattempo, erano giunte a considerare la simulazione parziale del bonum coniugum alla stregua di un autonomo capo di nullità.
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Con questi spunti di riflessione, Mons. Defilippi ci ha ricordato che la dottrina sul consenso matrimoniale non può essere coartata in rigidi schemi, i quali, pur conservando tuttora la loro validità, sono nondimeno perfezionabili. Non potrei infine concludere questa mia presentazione senza far menzione dell’impegno profuso da Mons. Defilippi per l’Arcisodalizio della Curia Romana, di cui è stato autorevole Primicerio e guida sicura, sia nell’opera spirituale sia nelle iniziative di ordine culturale. È anche per questo che oggi viene a lui dedicato questo interessantissimo volume, come segno di doveroso riconoscimento e di profonda gratitudine.
Josef Huber